Troisi e la sua controfigura

Troisi e la sua controfigura
«Troisi mi guardò per la prima volta, mi sorrise e mi abbracciò: “E tu solo mo’ ti fai vedere?”».

Credo che il ricordo più commovente di Massimo l’abbia lasciato l’uomo fisicamente meno titolato a farlo.

Quello che c’era quando lui mancava, quello che mancava quando lui ci poteva essere: Gerardo, la sua controfigura.

Gerardo era un ventenne di Sapri, che in qualche modo somigliava a Troisi.

Aveva il volto della commedia e quello della tragedia assieme, ma non riuscivi mai a capire quale stesse indossando in quel preciso momento.

Fu contattato dalla produzione de Il Postino, alla ricerca di qualcuno che sostituisse nelle scene più pesanti un Massimo sempre più stanco e affaticato.

Per un mese buono fu il suo «doppio». Era quello che pedalava sotto il sole di Procida, o si fermava ad ammirare il tramonto in cima alla collina, con quella bici tra le mani.

Durante le riprese sua moglie Elena rimase incinta. Massimo si avvicinava a sua moglie e «giocava con il copione del film: “Come sta Pablito?

Mi raccomando, lo dobbiamo chiamare Pablito”, che era il nome del figlio del Postino».

L’ultimo ciak fu il 3 giugno. Massimo li salutò così: «Vi amo tutti, non dimenticatevi di me».

Il giorno dopo morì.

Oggi Gerardo ha 25 anni in più, una carriera da insegnante di educazione fisica, un bed and breakfast a Sapri e nessun altro ricordo dal mondo del cinema.

Ha solo un libro di Neruda, che Massimo gli regalò prima di morire, con una dedica:

«A Gerardo, per la pazienza e l’abnegazione con le quali ha reso più piacevole e meno faticoso il mio lavoro».

Aver reso meno faticoso il suo lavoro, «l’onore più bello».

Ha pure quel figlio nato poco dopo la morte di Troisi. Non l’ha chiamato Pablito.

D’accordo con sua moglie, 25 anni fa, decise di chiamarlo Massimo.

di Andrea Scanzi

Fonte: web

Pubblicato da naturalworld

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