L’alluvione vissuta a Firenze il 4 novembre 1966 è stata una delle più grandi catastrofi del secolo.
Il fiume Arno straripa invadendo anche le vie del centro, e la furia degli elementi si scatena sulla città: una marea di acqua e fango travolge tutto.
Sono in pericolo le vite dei cittadini e un inestimabile patrimonio artistico e culturale, caro a tutta l’umanità.
Lo sforzo dei fiorentini e da tutti coloro che accorrono in soccorso nei giorni successivi è straordinario, il loro lavoro frenetico, svolto in condizioni proibitive, saprà restituire la città alla normalità e le sue meraviglie all’ammirazione del mondo intero.
Sono appena trascorse le feste di Ognissanti e ormai da diversi giorni tutta la penisola è attraversata dal maltempo: consistenti precipitazioni hanno interessato soprattutto il Veneto e la Toscana.
Ma se il Polesine desta qualche preoccupazione, nessuno appare preoccupato della situazione di Firenze; la piena dell’Arno in apparenza è ordinaria, sembra rientrare fra i ricorrenti fenomeni stagionali.
Purtroppo però, non si tratta del classico temporale autunnale.
La la pioggia non cessa dal 25 ottobre e nella sola notte tra il 3 e il 4 novembre cadono quasi 200 mm di acqua, rispetto ad una media di 823 mm di precipitazioni in tutto l’anno.
L’esercito, le forze dell’ordine e i vigili del fuoco sono stati allertati sulla pericolosità della situazione, ma la popolazione civile rimane ignara e comunque le maggiori preoccupazioni riguardano l’alto Valdarno e il Mugello, il bacino idrografico a monte di Firenze dove
tutti i torrenti da Arezzo a Reggello e Pontassieve stanno straripando causando rischiosi allagamenti.
Con le prime vittime l’Arno comincia a far seriamente paura, ha già inondato l’intero comprensorio e la piena è inesorabilmente diretta verso Firenze, mentre le squadre di soccorso sono ancora occupate nei comuni limitrofi.
All’alba del 4 novembre il fiume inizia a rompere gli argini , l’ondata si moltiplica anche nei comuni della periferia a valle (Sesto Fiorentino, Signa, Scandicci, Campi Bisenzio) con il concorso degli affluenti dell’Arno, e di fatto tutta l’area urbana si ritrova isolata.
Il livello dell’acqua raggiunge nel pomeriggio picchi di oltre 5 metri, supera di gran lunga tutte le precedenti inondazioni , ma l’allarme viene lanciato solo all’ultimo momento e i soccorsi tardano per mettersi in moto.
La popolazione, che come le autorità ha sottovalutato l’entità della piena, è costretta a far fronte alla calamità in poche ore ed in una situazione di completo caos; i vigili del fuoco intraprendono missioni di salvataggio adattandosi con mezzi improvvisati come
semplici gommoni o cose simili.
Se la priorità è quella di mettere in salvo la vita, in molti temono anche per i propri beni o le proprie attività, e tutta la città trema per la sorte dei suoi monumenti e dei suoi capolavori artistici.
La marea impetuosa di acqua e fango, porta via con sè tutto ciò che incontra.
L’inaudita proporzione dell’alluvione, che ha invaso la città con 250.000.000 m³ d’acqua e 600.000 m³ di fango, coglie tutti impreparati.
Le strade diventano inagibili, ogni ponte sommerso .
La solidarietà dei volontari, che cominciano a mobilitarsi da ogni parte d’Italia, svolge un ruolo decisivo nella frenetica opera di soccorso che, in una lotta contro il tempo, deve riuscire a risollevare una città prostrata dal disastro.
Lo scenario che si presenta nei giorni successivi alla piena dell’Arno è quello di un apocalisse.
Oltre ai danni provocati dall’acqua si aggiungono nuovi pericoli per il fango, che non può ritirarsi e anzi nel processo di essiccazione risulta ancor più difficile da rimuovere.
I fiorentini devono dunque cimentarsi in un lavoro durissimo e convivere con la sensazione di essere stati abbandonati dallo Stato, ma si rimboccano le maniche e, piano piano, ricostruiscono tutto.
Fonte: Meteoweb