Una maestra, dopo aver consegnato le schede di valutazione scrive
La maestra scrive queste riflessioni sul voto, nella sua bacheca:
“Non sono stata capace di dire no.
No ai voti. Alla separazione dei bambini in base a quello che riescono a fare.
A chiudere i bambini in un numero.
Ad insegnare loro una matematica dell’essere, secondo la quale più il voto è alto più un bambino vale.
Il voto divide.
Il voto classifica.
Il voto separa.
Il voto è il più subdolo disintegratore di una comunità. Il voto cancella le storie, il cammino, lo sforzo e l’impegno del fare insieme.
Il voto è brutale, premia e punisce, esalta ed umilia. Il voto sbaglia, nel momento che sancisce, inciampa nel variabile umano.
Il voto dimentica da dove si viene.
Il voto non è il volto.
I voti fanno star male chi li mette e chi li riceve. Creano ansia, confronti, successi e fallimenti. I voti distruggono il piacere di scoprire e di imparare, ognuno con i propri tempi facendo quel che può.
I voti disturbano la crescita, l’autostima e la considerazione degli altri. I voti mietono vittime e creano presunzioni.
I voti non si danno ai bambini. In particolare a quelli che non ce la fanno.
La maestra lo sa bene, perciò è colpevole. Per non aver fatto obiezione di coscienza.”
Il “maestro” Manzi riportava nella scheda di valutazione di tutti gli studenti la stessa formula: “Ha fatto quel che può, quel che non può non fa”.
Fonte: web